Scrigni di un importante patrimonio culturale e testimonianza delle radici agricole della nostra regione, le cascine stanno subendo un triste destino.
Come documentato da questo attento lavoro inerente le realizzazioni ferroviarie e autostradali, diverse cascine presenti sul nostro territorio si ritrovano ormai chiuse fra nuove opere infrastrutturali e svuotate della loro originaria vitale attività.
Alcune di queste ora sorgono a pochi passi da grandi e impattanti vie di comunicazione, che hanno chiuso l’orizzonte e reso inutilizzabili diversi ettari di terreni, prima di competenza delle cascine. Queste opere, che inevitabilmente hanno cambiato i connotati delle nostre campagne ma che sicuramente si riveleranno utili per gli spostamenti, costituiscono i limiti di un territorio che ora deve essere ancora più tutelato e protetto. A questo scopo le nostre cascine avrebbero potuto svolgere un compito importantissimo: farsi tutrici di un ambiente che rischia di essere ulteriormente rovinato dall’inquinamento e dall’abbandono, attraverso il loro stesso lavoro e la manutenzione delle terre. Non potendo però più contare sull’apporto delle aziende agricole e dovendo far fronte a un degrado ormai tangibile, è stato istituito il PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) Alto Martesana e sono previste ulteriori azioni di tutela, attualmente in fase di progettazione.
Ritengo però che sia importante anche sensibilizzare la popolazione, in particolare i bambini e i giovani, sul valore delle nostre radici e quindi anche su ciò che le cascine rappresentano, con la speranza che qualcuno di essi si prenda a cuore il loro destino e magari decida di invertire l’ormai chiara tendenza ad allontanarsi dal settore primario.
Essendo nata e cresciuta circondata dalla campagna e amando questo territorio, anche nella mia tesi di laurea ho voluto approfondire questi temi, ipotizzando un futuro alternativo per le nostre cascine. L’obiettivo che mi sono posta, oltre all’ipotizzare un modo per evitarne l’abbandono, è cercare di aprire le porte delle cascine, spesso custodite gelosamente dagli abitanti, e consentire a chi non le conoscesse di scoprirne la storia, le abitudini, la vita. In quest’ottica, la mia proposta progettuale prevede l’adeguamento di una parte della cascina allo svolgimento di attività ricettiva. Nonostante la nostra zona non possa essere considerata a vocazione turistica, esistono già esempi della commistione fra il settore agricolo e quello ricettivo, come gli agriturismi, dove la produzione agricola è orientata al sostentamento del ristorante e viceversa. Inoltre, in quest’ultimo periodo si sta sviluppando un tipo di turismo interessato a vivere esperienze, più che semplicemente a fare un viaggio o una vacanza: in cascina gli ospiti potrebbero collaborare con i proprietari e provare concretamente la vita del contadino, a continuo e stretto contatto con la natura. Credo che la vita della cascina possa essere considerata un esempio in piccolo della vita di una comunità più grande, come un paese o una città, dove ciascuno con il suo ruolo era un ingranaggio fondamentale e dove le regole dovevano obbligatoriamente essere seguite, per il corretto funzionamento dell’intero motore. Anche in questo senso, un weekend in cascina per l’ospite sarebbe una vera esperienza.
Dunque proprio in questo momento in cui forse le nostre cascine avrebbero più che mai bisogno di essere vive e attive, si ritrovano sempre più vuote.
Come giovane cittadina originaria di queste terre e come assessore all’ambiente e territorio, non posso che caldeggiare una maggiore attenzione nei confronti delle nostre radici agricole, rappresentate concretamente nel paesaggio dalle cascine, dai campi, dai fossi e dalle rogge. La loro tutela ci consente di prolungarne la vita e di condividerne il valore con un numero sempre maggiore di persone.